Relazione di
Umberto Tortorolo e Patrizia Stizzoli
Con il termine di biocompatibilità s’intende per definizione l’abilità di un materiale di esplicare la propria funzione con una appropriata risposta del sistema che lo ospita. Questo sta a significare che un dispositivo biocompatibile deve essere in grado di interagire col sistema biologico senza instaurare processi di rigetto, quali risposte infiammatorie, immunitarie o allergiche. Un materiale biocompatibile non deve inoltre rilasciare nell’ambiente corporeo in cui il dispositivo viene collocato componenti (solventi, catalizzatori o prodotti di degradazione) che possano risultare direttamente o indirettamente tossici.
Oltre a tener conto delle proprietà chimico-fisiche del materiale si devono considerare le caratteristiche del sistema biologico con cui esso interagisce. Nel caso specifico dei materiali per medicazione avanzata, la cui destinazione è quella di stare a contatto con lesioni cutanee più o meno profonde, è ad esempio necessario che il materiale polimerico costituente la medicazione sia ipoallergenico e atraumatico, cioè tale da non attivare meccanismi infiammatori o risposte immunitarie lesive per il tessuto di riparazione dell’ulcera.
A differenza delle medicazioni tradizionali, le medicazioni avanzate devono quindi interagire con la lesione al fine di accelerare i processi di riparazione e di rigenerazione tessutale. A questo proposito la medicazione deve rispondere ad una serie di requisiti che elenco brevemente: mantenere l’ambiente umido all’interfaccia con la lesione, permettere lo scambio gassoso di O2, Co2 e vapore acqueo, garantire l’isolamento termico, essere impermeabile ai microrganismi, non contenere particelle contaminanti, non aderire alla ferita, essere comoda e non dolorosa, avere alta assorbenza, dare risultati riproducibili, garantire una protezione meccanica, essere sterilizzabile, conformarsi alle superfici irregolari, avere intervalli di cambio sufficientemente lunghi. Sulla base di questi principi generali sono state progettate negli ultimi 20 anni, medicazioni che si basano sul principio della cura in ambiente umido e che rispondono a molte delle caratteristiche della medicazione ideale. Le principali categorie di queste medicazioni avanzate sono: gli idrocolloidi, gli alginati, le idrofibre e gli idrogeli.
L’obiettivo della medicazione ideale è di creare l’ambiente ottimale per il processo di guarigione della lesione. Ciò può essere ottenuto eliminando prima di tutto i fattori negativi. Una lesione aperta si disidrata rapidamente e si forma una crosta. L’escara così formata crea un a barriera meccanica alla migrazione delle cellule epiteliali che sono così obbligate a proliferare più in profondità, prolungando il processo di guarigione. Le lesioni infette non guarisco e la fase infiammatoria viene prolungata. Una medicazione ideale deve perciò essere impermeabile ai microrganismi esogeni. Una delle principali cause di diffidenza nell’uso di bendaggi occlusivi è la paura che l’incidenza delle infezioni aumenti. In letteratura ci sono numerose pubblicazioni sui bendaggi occlusivi e semiocclusivi che dimostrano che il problema infezione è estremamente limitato. Una medicazione ideale deve dimostrare un buon assorbimento di microrganismi, componenti tossici, cellule necrotiche e eccesso di essudato. Infatti durante le fasi iniziali del processo di guarigione la risposta infiammatoria incrementa di intensità e da luogo a una abbondante formazione di essudato.
Per la promozione della crescita del tessuto di granulazione si deve mantenere permanentemente umido il letto della ferita mediante una medicazione adatta. In questo modo si evita che le cellule muoiano per essiccamento e si ottiene un microclima idoneo per le necessarie attività proliferative. In ogni ferita si accumula dapprima l’essudato in quantità variabile nel quale si trovano le cellule morte, i detriti tissutali, lo sporco ed i germi patogeni. Se sulla ferita permangono quantità di essudato piuttosto grandi, verrà ostacolato il procedere della guarigione sia dal punto di vista meccanico che biologico, aumentando il pericolo di infezione. L’essudato in eccesso pertanto deve venir assorbito dalla medicazione; in questo modo vengono allontanati dalla ferita contemporaneamente , i prodotti metabolici nocivi, i tessuti devitalizzati, lo sporco ed i corpi estranei senza dover essere eliminati mediante la fagocitosi propria dell’organismo.
Per garantire una corretta e più rapida guarigione delle lesioni da decubito, dobbiamo costantemente controllare le condizioni generali del paziente per poter apportare quei provvedimenti terapeutici e nutrizionali che contribuiranno in maniera significativa al miglioramento dello stato di salute con giovamento per i processi riparativi tessutali. Le nuove conoscenze nel trattamento delle ferite hanno portato soprattutto a praticare in maniera più accentuata un trattamento delle ferite adatto alle varie fasi, con il quale si possono stimolare le attività cellulari specifiche delle singole fasi in vista di una guarigione della ferita qualitativamente migliore. Nella scelta delle singole medicazioni è quindi di fondamentale importanza controllare sempre la lesione nella sua globalità; dovremo considerare il letto della ferita, i margini, la quantità di essudato e la cute perilesionale.
Il potere assorbente di una compressa per medicazione è, per la ferita, una delle sue proprietà più importanti al fine di pulire la ferita assorbendo gli essudati in eccesso. Per impedire una ricontaminazione, l’essudato dovrebbe essere inoltre assorbito possibilmente per via intracapillare, e cioè nella struttura del materiale della compressa dove deve anche venire trattenuto. I “vecchi” materiali per medicazioni tipo la garza o il tessuto non tessuto dispongono di uno spontaneo potere assorbente. Garantiscono però l’assorbimento dell’essudato in modo intercapillare e cioè tra le fibre, cosicché non viene garantito il trattenimento dei germi con protezione dalla ricontaminazione; e tantomeno viene modulata l’umidità della ferita, con rischio di macerazione dei bordi della lesione.
Le compresse interattive per il trattamento umido delle ferite, quali ad esempio le compresse di alginato di calcio, le compresse di idrofibra, le medicazioni idrocolloidali o gli idrogeli, presentano delle strutture del materiale che permettono un assorbimento intracapillare del secreto capace di trattenere l’essudato carico di germi. Il grado del loro potere assorbente viene così determinato dal tipo del materiale.
Oltre ad una microcircolazione funzionante, anche un ambiente della ferita moderatamente umido costituisce un’ulteriore premessa importante per la costruzione del tessuto di granulazione. La guarigione viene invece disturbata nel suo procedere sia dall’essiccazione della ferita che dall’ eccesso di secreto. Un’opportuna regolazione dell’umidità della ferita è possibile solo mediante una medicazione che assorbe il secreto in eccesso, impedisce l’essiccamento della ferita e se necessario dosa l’umidità. Una granulazione matura ed una superficie di scorrimento umida sono le premesse per l’epitelizzazione conclusiva. La medicazione deve continuare a mantenere umida la ferita in modo equilibrato. Se sulla ferita resta del secreto in eccesso, le cellule epiteliali vengono sollevate. Se invece la ferita è troppo asciutta, si forma la crosta che compromette la riepitelizzazione poiché le cellule epiteliali devono strisciare sotto la crosta, cosa che richiede tempo ed energia. Anche in questa fase dunque sono necessarie delle coperture per le ferite, idroattive ed atraumatiche che proteggono la superficie della ferita dall’essiccamento e le cellule epiteliali dallo stripping cellulare durante la sostituzione della medicazione.
Per un decorso indisturbato della guarigione è importante non solo una sostituzione atraumatica della medicazione ma anche la scelta del momento giusto. Va evitata il più possibile una sostituzione inutile poiché ogni cambio della medicazione costituisce un disturbo del riposo della ferita. Per principio la medicazione va controllata e va tolta solo se: il paziente lamenta dolori, è subentrata la febbre, la medicazione si è macerata e sporcata, oppure la sua capacità assorbente è esaurita, il fissaggio si è staccato. Ci sono molti vantaggi a conservare in sito una medicazione per un tempo abbastanza prolungato perché ciò diminuisce il rischio di infezione secondaria, fa risparmiare tempo al personale sanitario ed evita marcate variazioni di temperatura. La possibilità di intervalli di cambio abbastanza prolungati favorisce la gestione di alcuni pazienti anziani, specie quelli assistiti in regime domiciliare.
Una volta ottenuta la rimozione del tessuto necrotico, nelle lesioni più profonde, si procede alla medicazione zaffando le cavità e i bordi sottominate: se la lesione è molto secernente usare alginato di calcio, se è in fase di granulazione usare idrofibra al fine di favorire un giusto grado di umidità impedendo la formazione di raccolte ascessuali. Perciò le ferite profonde e frastagliate vanno accuratamente tamponate con compresse adatta, per poter garantire anche in profondità nella ferita l’assorbimento del secreto carico di germi. E’ importante non tamponare troppo energicamente. Con la pressione esercitata da un tamponamento troppo energico infatti viene compromessa la microcircolazione sulla superficie della ferita e in particolare del tessuto di granulazione. Come conseguenza della compressione compaiono macchie biancastre e viscide oltre a nuove necrosi. Se il tamponamento troppo forte permane, si può andare incontro, nei casi più gravi, a sepsi.